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Riqualificazione urbana come rinascita sociale

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Solo 1 Italiano su 10 è soddisfatto della qualità della vita nella propria città. Servono progetti che riqualifichino il territorio rimettendo al centro la comunità, per valorizzare le relazioni, lo stare insieme e il senso di cittadinanza condivisa.   Che cosa definisce una città? A primo avviso si potrebbe pensare che una città è costituita principalmente da case, scuole, strade. Che siano gli immobili, i palazzi, le piazze a definire l’immagine e l’identità di quel luogo. Eppure si tratterebbe solo di un’immagine esteriore, che non va al cuore di quello che è, realmente, una città. Perché un luogo è fatto dalle persone che ci vivono. Dalle relazioni che instaurano tra di loro. Dalla partecipazione, o meno, alla vita comune. Tutte cose che fanno sì che quel luogo sia un bel posto dove vivere. Oppure no.

Lo scorso febbraio il Campus Bio-Medico di Roma ha presentato il 2° Rapporto One Health “La salute della città e dei territori”. Una ricerca da cui emergono dati allarmanti: solo l’11% degli Italiani si dichiara pienamente soddisfatto della qualità della vita nella propria città. Il 39% ha registrato peggioramenti significativi negli ultimi anni, soprattutto nei grandi centri urbani. Le città, riprendendo i parametri iniziali, non sembrano un bel posto dove vivere. A riprova di questo c’è il fatto che lo studio prevede che, a differenza di altri Paesi europei, nei prossimi 25 anni le grandi città italiane non vedranno un aumento significativo di abitanti, mentre quelle di medie dimensioni registreranno una crescita demografica. I grandi centri urbani non riescono più ad essere attrattivi come luogo dove vivere.

Si aprono quindi sfide importanti. Anche perché per il 51% degli Italiani la città del futuro avrà un orientamento concreto verso la sostenibilità. Per il futuro delle città e per i loro abitanti. Molte zone hanno bisogno di essere riqualificate. Ma non si tratta solo di costruire nuove case o di realizzare infrastrutture. Bisogna realizzare progetti che rimettano al centro le comunità, per ridare centralità alle relazioni e allo stare insieme. Bisogna ricreare un tessuto sociale ricco. Il Rapporto One Health, immaginando la possibile evoluzione delle città nei prossimi due decenni, ipotizza due scenari. Il primo, denominato “città da usare'”, immagina i grandi centri urbani come centri di eccellenza economica, culturale e sanitaria, da vivere principalmente come luoghi di lavoro e servizi, con una popolazione residente limitata e flussi giornalieri intensi. Il secondo scenario, “città da vivere”, concepisce il tessuto urbano come uno spazio orientato a favorire l'inclusione sociale, la coesione tra centro e periferie e aree urbane progettate per migliorare la qualità della vita, con abitazioni accessibili, verde pubblico e servizi di prossimità.

Due scenari diversi che però mettono entrambi al centro un elemento comune: la necessità di una migliore qualità della vita. Una condizione che, per i cittadini, si concretizza in una migliore integrazione della vita urbana, lavorativa e produttiva con i bisogni di arricchimento personale, di cura degli affetti e di svago. In una connessione più profonda con la natura e gli spazi verdi e un maggiore spazio alle relazioni, dove il compito dello spazio cittadino è incentivare le persone ad uscire di casa. Una sfida, quella per una migliore qualità della vita, su cui si gioca il futuro delle nostre città.

Foto Credit: GettyImages-103862809